giovedì 25 ottobre 2012

La scuola(pubblica) sta chiudendo


“Noi ce la stiamo mettendo tutta. siamo semplicemente docenti che svolgono il proprio dovere. Tra i compiti nostri si pone la necessità di informare:
la scuola (pubblica) sta chiudendo.” Questo il messaggio con il quale,un gruppo che si firma Docenti in difesa della scuola pubblica, sta veicolando una lettera per descrivere non solo ai genitori degli studenti, ma anche al resto dell'opinione pubblica, la situazione attuale nella quale stanno svolgendo la propria professione. 



LA SCUOLA (PUBBLICA) STA CHIUDENDO

Signore e signori di tutta Italia, genitrici e genitori, attenzione! Questi potrebbero essere gli ultimi mesi, gli ultimi giorni della scuola pubblica, libera e democratica.



È arrivato il momento di esporsi, perché oggi il silenzio è connivenza con ministri e governi che minano alla base lo Stato sociale e l’apparato culturale del Paese per creare un esercito di marionette senza cervello, senza pensiero critico, senza capacità di scelta. Per scegliere consapevolmente, però, bisogna essere informati; è questo che cerchiamo di fare, informarVi, visto che TV e giornali ormai si occupano d’altro, troppo impegnati ad elogiare il Governo o a fare da portavoce di questo o quel partito. La scuola pubblica negli ultimi anni è stata costantemente e colpevolmente impoverita. I 143.000 tagli Tremonti-Gelmini, confermati dal ministro Profumo, hanno devastato la scuola italiana, impedendo l’assunzione di tutti i precari (come previsto dalla legge 206 del 2006) e imponendo la formazione di classi di 30, 35 o anche 40 alunni. Un genitore attento comprende, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, la difficoltà degli insegnanti di fare lezione e di prestare la dovuta attenzione a ciascun allievo, in una situazione così difficile.

La continuità didattica è gravemente messa a rischio dalla presenza massiccia e costante del precariato che rappresenta una perpetua reiterazione dell’illegalità di Stato: i precari, vincitori di concorso Siss e plurititolati, sono sfruttati e poi licenziati alla fine di ogni anno scolastico (perlopiù a fine Giugno), per poi essere nuovamente assunti nei primi mesi dell’anno successivo in un’altra istituzione scolastica, interrompendo in questo modo il progetto educativo intrapreso. La spending review del Governo Monti (Art.14 comma 17) prevede che gli insegnanti risultati in esubero dopo la riforma Gelmini siano assegnati per la copertura delle supplenze, anche quando il docente non sia in possesso della relativa abilitazione, inaugurando, quindi, una scuola in cui tutti possono insegnare tutto, una scuola che disprezza il merito, l’esperienza, le competenze e i titoli acquisiti in anni di studio e di lavoro.

È un paese strano, l’Italia, un paese in cui si parla continuamente di meritocrazia ma si tagliano fondi all’istruzione senza ritegno e senza opposizione alcuna (né all’interno del Parlamento né tantomeno nella società civile); un paese in cui i Ministri dell’Istruzione, e non solo loro, hanno dichiarato guerra alla scuola pubblica, mentre quella privata è profumatamente sovvenzionata, al contrario di quanto impone l’Art.33 della Costituzione italiana “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
L’attacco decisivo, tuttavia, viene sferzato dal ministro Profumo, e da tutti i partiti che appoggiano questo Governo, con la proposta e l’imminente approvazione della legge 953, anche detta ex Aprea (Valentina Aprea è stata sottosegretario del Ministero dell’Istruzione nell’ultimo governo Berlusconi) che prevede, in sostanza, la quasi totale privatizzazione della scuola pubblica. Scarseggiando sempre più i finanziamenti dello Stato, gli Istituti scolastici riceveranno in alternativa contributi economici da parte di soggetti esterni, pubblici e privati (le aziende), associazioni di genitori e fondazioni. Le conseguenze sono palesi e gravissime. È chiaro che il soggetto, sia esso un’azienda o un gruppo di genitori benestanti, che “dona” denaro alla scuola, vorrà in cambio prendere parte alle decisioni relative al curricolo, all’organizzazione scolastica, all’acquisto di materiale didattico, persino all’assunzione del personale. In questo modo viene meno il fine educativo dell’istituzione scuola, viene violatala libertà di insegnamento, principio sacro che garantisce l’esistenza di una scuola democratica, che sia di tutti e per tutti; una scuola per mezzo della quale la Repubblica italiana, secondo quanto prescritto dall’Art.3 della Costituzione, possa “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …” . Ancor più grave, se si può, è un’altra conseguenza inevitabile: le scuole italiane, non avendo fondi statali, non saranno tutte uguali; ci saranno le scuole ricche (poche!) e quelle povere, le scuole dei ricchi e quelle dei poveri: le prime superaccessoriate, con laboratori, palestre, insegnanti di ruolo che possano garantire la continuità didattica (ma scelti da chi? Secondo quali criteri?); le altre prive anche del necessario, ubicate in strutture fatiscenti, nelle quali le classi pollaio saranno la norma. Questo è immorale, indegno di un paese che voglia ancora definirsi civile. Una scuola pubblica che sia veramente tale deve dare a tutti gli allievi gli strumenti culturali necessari per affrontare la vita e le medesime possibilità di successo, facendo eventualmente le dovute differenze di merito, non certo di censo o di estrazione sociale. Ancora, la ex Aprea concede ai Dirigenti scolastici un potere eccessivo che mette a rischio l’organizzazione collegiale dell’attività didattica. I presidi, che talvolta già oggi abusano della loro autorità, potrebbero diventare veri e propri “capi”, comportarsi da despota, imponendo ai docenti di “seguire le direttive” e badare a non “creare problemi”. Il Consiglio dell’autonomia, previsto dalla legge 953, adotta il Piano dell’offerta formativa (POF) e designa i componenti del nucleo di autovalutazione necessariamente su proposta del Dirigente al quale viene conferito anche il potere di gestire le risorse umane. È facile prevedere su che base verrà effettuata la scelta del personale: non più docenti qualificati ma amici (o amiche!), parenti, adulatori e “clienti” di ogni genere. Si aggiunga infine che le Conferenze regionali del sistema educativo, istituite dalle Regioni, stabiliscono i criteri per la definizione degli organici, per l’integrazione dei disabili e per la distribuzione dell’offerta formativa. Ciò significa che l’istruzione dei futuri cittadini italiani cadrà nelle mani, non sempre linde e immacolate, della politica che deciderà se, quando e dove investire, cosa insegnare, quanti docenti assegnare a ciascuna istituzione scolastica. Provate ad immaginare a quali nefandezze potrà arrivare una cattiva politica, magari di stampo leghista.
Allora è il momento di intervenire, tutti insieme, poiché, ricordate, il problema non è solo dei docenti, è degli studenti, è dei genitori, è degli Italiani tutti. Uno Stato civile, specie una democrazia, si basa sull’istruzione e sul livello culturale dei suoi cittadini perché, si sa, un paese ignorante è un paese povero e poco libero.



Ringraziando per l’attenzione, porgiamo a tutti Voi distinti saluti.



Docenti in difesa della Scuola Pubblica.



Roma, 3 ottobre 2012

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