mercoledì 15 febbraio 2017

Ehi,Beck..

Ehi, Beck!
Come stai? Spero bene… per te, sempre per te, Beck.
Sta piovendo? Io non penso proprio… scommetto la parrucca della signora Sights che non è così. Scommetto che c’è un bellissimo tramonto, che i tuoi capelli biondi riflettono i raggi del sole, brillando e rilucendo di rosso e oro acceso. E scommetto anche che hai ancora addosso la divisa sporca di terra e fango, il casco sotto il braccio sinistro e quella strana rughetta tra le sopracciglia. Scommetto perché è così, credimi.
Sei riuscito a vincere la partita? Io penso proprio di sì, e, anche se non capisco niente di football, capisco molto di te.
Ora ti starai dicendo: “cosa diavolo vuoi con questa lettera, Echo?”
Beh, niente, Beck, solo… lasciami parlare.
Voglio rompere con te.
Fermo, non tirare calci o pugni a niente, la tua jeep nuova non ha bisogno di essere rovinata a causa mia. Dopo chi ascolta le lunghe lamentele di tuo padre? Tu non ne saresti capace, finiresti per acconsentire a tutto quello che ti dirà, chiudendoti in quel bozzolo di dolore. Ne soffriresti in silenzio, ti consumeresti.
A me l’idea dà il voltastomaco.
Quindi… ascoltami, piangi pure – il dolore ha bisogno di essere vissuto –, ma non fare cose che potrebbero andare a tuo discapito e, in un certo senso, a mio.
Rompo con te perché non ce la faccio. Non ce la faccio a guardarti negli occhi, a stare ferma quando cerchi di tenermi a bada.
Non ce la faccio e basta!
Odio quando mi dici che sono irrequieta, che sono pazza a voler volare, odio quando mi dici che sono apatica.
Notizia dell’ultimo minuto: io non sono apatica.
E tu lo sai. Lo sai benissimo.
E non fai niente.
Tu non fai mai niente.
Eppure ti voglio bene, quel bene profondo che nasce dopo esserti stata accanto per anni.
Ma io voglio la vita, Beck. Voglio correre, gridare, nuotare… voglio tutto ciò che il mondo può darmi.
Capisci cosa intendo?
Questo ti spezzerà il cuore, ma… ma io con te non mi sento libera. No, per niente. E, forse, in cuor mio l’ho sempre saputo.
Non scherzavo quando ti dicevo che avrei voluto prendere il primo bus e fuggire, attraversare la Route 66 su un vecchio furgoncino, sentire il vento tra i capelli, scalare una montagna, arrivare fino alle coste della California, per poi tornare indietro fino alla Florida. Non scherzavo.
Tu ridevi, e mi dicevi che prima o poi l’avremmo fatto insieme.
Ma non è mai stato così.
Ormai ho diciassette anni, Beck. E voglio vivere, voglio farle adesso, tutte quelle cose .
Ma tu non lo capisci, e quindi vado via.
Vado via da quel buco che noi chiamiamo casa, non mi va di restare lì a sprecare la mia vita, diventando ciò che non sono e che non voglio essere. Magari vedrò per davvero le coste della California, guarderò San Francisco ai miei piedi, le mille luci che prendono vita, l’odore della salsedine e dei boschi. Magari vedrò le montagne, la terra rossa e infuocata, ascolterò una vecchia canzone alla radio, mentre me ne starò seduta in un bar polveroso della Georgia, o della Virginia, o del Nord Carolina. Magari vedrò tutte queste cose, oppure non lo farò, ma, credimi, ti penserò. Ti penserò sempre, e non come il fidanzatino di una vita, ma come il ragazzo con cui sono cresciuta, e continuerò a fare – se me lo permetterai.
L‘altro giorno, mentre tutti erano impegnati a seguire le ultime lezioni  della signora Sights, io ti osservavo.
Non te ne è mai fregato un fico secco della letteratura, per te è sempre stato un insieme di paroloni senza senso. E io l’ho notato meglio quella volta, mentre te ne stavi spavaldo sulla sedia, la matita in bocca e la felpa della squadra di football addosso, quasi fosse il marchio dove c’era scritto che sei intoccabile. 
Mi è venuta un’improvvisa voglia di ficcarmi le forbici in gola.
Come ho potuto farti crescere così? Come ho potuto lasciar correre tutto questo? Perché non ti ho corretto prima? Perché quando litigavamo non gridavo più di te?
Ora sì, sei intoccabile. Intoccabile, ma fragile.
Non te ne rendi conto, ma lo sei.
Vivi senza passione, senza amore, senza emozioni. Ti attieni a quello che dicono gli altri, abbassi la testa e tiri avanti.
Svegliati, Beck.
La vita è tua, e non di tuo padre, credimi.
Se mi avessi ascoltato almeno una volta, se avessi ascoltato tutte quelle poesie che ti leggevo, tutti quegli inni alla vita… ora saresti diverso, ora saresti con me, su un bus per una destinazione indefinita, senza bagagli, ma con tanti sogni in uno zaino che ha visto di sicuro giorni migliori.
Resterò via almeno tutta l’estate, Beck, ho messo da parte abbastanza soldi da mantenermi. I miei genitori saranno troppo impegnati a farsi la guerra in tribunale per pensare a me, quindi non ti preoccupare di loro: non si renderanno neanche conto che non ci sono.
Sei così buono, Beck.
Hai un cuore di miele e occhi di cioccolato, e io ti amo così tanto. 
Ma ti prego di non odiarmi: è questo ciò che voglio.
Preferirei che tu mi immaginassi su un bus, i capelli rossi disordinati sulle spalle e i vecchi shorts strappati. Preferirei che tu mi immaginassi felice, felice di abbandonare il caos di casa e scuola, per fuggire.
Una sola estate ti chiedo, Beck. Una sola.
E, se sentirai la mia mancanza, tira da sotto il letto lo scatolone delle nostre foto. Tiralo fuori e aprilo. Io sarò lì con te, sarò con te mentre tutti festeggiano il 4 luglio, mentre tutti sono giù al lago o in piscina. Sarò con te. Sempre.


Baci
Echo

                                                                                                                                           Ida Cantone


Nessun commento:

Posta un commento